Documenti non depositati in verifica non possono essere prodotti in giudizio, ma è necessario che sussista il dolo del contribuente e che la richiesta sia motivata e contenente l’avvertimento delle preclusioni processuali

05092022

Documenti non depositati in verifica non possono essere prodotti in giudizio, ma è necessario che sussista il dolo del contribuente e che la richiesta sia motivata e contenente l’avvertimento delle preclusioni processuali (eccezione proponibile per la prima volta anche in appello in quanto accertabile facilmente dagli atti di causa).

L’ufficio può chiedere la documentazione, ma deve motivare, ad esempio se richiede fatture emesse per redditi non dichiarati, senza indicare a quali clienti si riferisca o la fonte relativa, la richiesta è completamente inefficace.

L’omesso avvertimento da parte dell’Ufficio circa le conseguenze della mancata risposta ai questionari relative alle preclusioni processuali rendono altresì inefficace la richiesta.

La preclusione processuale può operare soltanto in caso di dolo del contribuente, che se dimostra di non aver adempiuto per causa di forza maggiore (es. malattia) evita la preclusione.

Non esiste alcun obbligo di delegare se il contribuente è malato o impossibilitato per qualsiasi motivo  a provvedere o di attivarsi per farsi fissare un novo appuntamento, nel caso di richiesta di proroga.

Nonostante la riforma fiscale l’assurda norma che vieta di produrre documenti non esibiti in sede di verifica non è stata abrogata. Resta comunque un pericolo per tutti i titolari di partita iva, un incomprensibile e irragionevole compressione del diritto alla difesa, che qualora il contribuente non dovesse vedere la pec di richiesta dell’agenzia delle entrate si troverà in guai seri, non potendo più produrre i documenti in giudizio. Ma perché? Qual è la ratio di questa assurdità voluta dai governi precedenti?

Riferimenti normativi: art. 32 Dpr 600/1973

Riferimenti giurisprudenziali: Cass.6092/2022, Cass.n. 2847/2022 , Cass., n. 26646/2020, Cass.n. 11765/2014; Cass., n. 20487/2013; Cass., SS.UU., 25/02/2000, n. 45

La norma in oggetto sanziona la mancata produzione dei documenti nella fase amministrativa con l’inutilizzabilità della relativa documentazione prodotta nel successivo giudizio, associando una preclusione processuale al comportamento del contribuente di inadempimento a un obbligo di collaborazione con l’Ufficio (Cass., Sez. V, 24 novembre 2020, n. 26646; Cass., Sez. V, 31 gennaio 2022, n. 2847)

La pervasività della norma (che introduce una decadenza processuale in forza di una violazione di un obbligo di cooperazione verificatasi. nella precedente fase amministrativa) ha portato la Cassazione  a ritenere che tale decadenza, oltre alla salvezza dei comportamenti non imputabili (senza dolo), vada circoscritta ai casi in cui vi sia stato formalmente l’esplicito avvertimento al contribuente delle conseguenze (ex lege) dell’inadempimento.

Si è, pertanto, ritenuto che costituisce condizione per l’operatività della sanzione processuale l’invio di un avvertimento (art. 32, quarto comma, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600: «di ciò l’ufficio deve informare il contribuente contestualmente alla richiesta») che risulti specifico e puntuale (Cass., Sez. V, 4 maggio 2018, n. 10670; Cass., Sez. VI, 27 dicembre 2016, n. 27069), nonché corredato da un congruo termine minimo per consentire l’adempimento richiesto (Cass., Sez. V, 27 settembre 2013, n. 22126);

In assenza di tali elementi la norma non opera, in quanto disposizione derogatoria dei principi di cui agli artt. 24 e 53 Cost. che «deve essere applicata in modo da non comprimere il diritto alla difesa e di non obbligare il contribuente a pagamenti non dovuti» (Cass., Sez. VI, 26 maggio 2014, n. 11765; Cass., Sez. V, 6 settembre 2013, n. 20487; Cass., Sez. U., 25 febbraio 2000, n. 45).

 Napoli,li 08/09/2024

Avv. Giuseppe Marino

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